di Gilles Dauvé e Karl Nesic (2011)
Comunizzazione: un progetto tanto antico quanto le lotte dei proletari ogni volta che hanno tentato di emanciparsi: quello di una rivoluzione che non si compie in un giorno, ma che inizia fin da subito a trasformare il capitalismo in comunismo, sopprimendo il lavoro salariato, l'impresa, l'onnipresenza dello scambio mercantile, e le istituzioni politiche su cui si regge il capitalismo.
La comunizzazione non sarà opera di una massa di individui già emancipati dalle catene del lavoro. Coloro che, maneggiando i mezzi di produzione più moderni, hanno interesse a «sviluppare le forze produttive», ivi incluse le più distruttive, e spesso aderiscono alla difesa dell'industria, al culto del lavoro e alla mitologia del progresso, sono al contempo coloro che dispongono della capacità di sovvertire il mondo. Non vi sono altri terreni al di fuori di questa contraddizione.
La comunizzazione è una rottura del continuum storico: essa non sarà possibile se non nel quadro di una società scossa da interruzioni di massa del lavoro, da manifestazioni, da occupazioni, da uno sciopero generale, da rivolte e tentativi insurrezionali, da una perdita di controllo da parte dello Stato su una parte della popolazione e del territorio... un movimento forte abbastanza affinché le trasformazioni sociali siano qualcosa di più che banali aggiustamenti.
Se pure la comunizzazione non si identifica con una guerra civile, essa si realizza attraverso lo scontro di gruppi e individui. La distruzione dello Stato non sarà un processo pacifico. Violenza e creatività sociale sono inseparabili: il mantenimento da parte dei proletari del controllo sulla propria violenza, è possibile soltanto se essa è al contempo creatrice e distruttrice.
La comunizzazione non sarà possibile senza che esista preliminarmente nell'immaginario collettivo la possibilità di altri modi di vivere, in cui «lavoro», «salario» ed «economia» non saranno più dati per scontati. Le idee non fanno la storia, ma la forza del movimento comunista dipende anche dalla volontà soggettiva dei proletari.
È la vita quotidiana che si tratta di cambiare, ma a condizione di attribuire al termine «vita quotidiana» il suo pieno significato. La comunizzazione sperimenta nuovi modi di vivere, tuttavia non si limita a estendere i margini di autonomia che questa società accorda ai suoi membri.
Comunizzare significherà sopprimere lo scarto esistente tra i luoghi dove regna la falsa ricchezza smerciata dal capitalismo, e quelli che subiscono la sua vera miseria.
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