Les Mauvais Jours Finiront interrompe (temporaneamente?) le pubblicazioni. Resta comunque on-line affinché rimangano accessibili i documenti pubblicati. L'Autore considera il lavoro di cernita, editazione, elaborazione dei materiali sin qui svolto, come propedeutico alla nuova esperienza – per molti versi affatto diversa – alla quale prende parte, quella del gruppo informale / rivista "Il Lato Cattivo". (Gennaio 2012)
(blog)

«(...) la rivoluzione non ricerca il potere, ma ha bisogno di poter realizzare le sue misure. Essa risolve la questione del potere perché ne affronta praticamente la causa. È rompendo i legami di dipendenza e di isolamento che la rivoluzione distrugge lo Stato e la politica, appropriandosi di tutte le condizioni materiali della vita. Nel corso di questa distruzione, sarà necessario portare avanti misure che creino una situazione irreversìbile. Bruciare le navi, tagliarsi i ponti alle spalle. La vita nova è la posta in gioco e, al contempo, l'arma segreta dell'insurrezione: è dalla capacità di sovvertire le relazioni materiali e trasformare le forme di vita che dipende la vittoria.
«La violenza rivoluzionaria sconvolge gli esseri, e rende gli uomini artefici del proprio divenire. Essa non si riduce a uno scontro frontale, reso improbabile dall'evidente squilibrio di forze esistente; e gl'insorti scivolerebbero sul terreno del nemico se adottassero una logica militare tout court. La guerra sociale mira piuttosto a dissolvere che a conquistare. Non temendo di mettere in gioco passioni, immaginazione e audacia, l'insurrezione si fonda sulla dinamica dell'autogenesi creativa.»

(«NonostanteMilano»)

* * *

«Nel corso dei quindici anni rappresentati simbolicamente dalla data del ‘68, apparve una differente prospettiva (...): il rifiuto della forma-partito e dell’organizzazione sindacale; il rigetto di qualsivoglia fase di transizione volta a creare le basi del comunismo, considerate già pienamente esistenti; l’esigenza di una trasformazione della vita quotidiana – del nostro modo di mangiare, abitare, spostarci, amare etc.; il rifiuto di ogni separazione tra rivoluzione «politica» e rivoluzione «sociale» (o «economica»), cioè della separazione tra la distruzione dello Stato e la creazione di un nuovo genere di attività portatrice di rapporti sociali differenti; la convinzione, infine, che ogni forma di resistenza al vecchio mondo che non lo intacchi in modo decisivo e tendenzialmente irreversibile, finisca inevitabilmente per riprodurlo. Tutto ciò può essere riassunto con un’espressione ancora insoddisfacente, ma che adottiamo a titolo provvisorio: la rivoluzione come comunizzazione

(Karl Nesic, L'appel du vide, 2003).

* * *

«È la situazione in cui il proletariato si trova, a innescarne l’azione: la coscienza non precede l’atto; si manifesta solo come coscienza dell’atto stesso.»

(Gilles Dauvé, Le Roman de nos origines, 1983)

23 giugno 2009

Maggio '68: il Conseil pour le Maintien des Occupations



[Tratto da una nota dei curatori a Gilles Dauvé, Le Roman de nos origines, testo di prossima pubblicazione.]

Nel momento stesso in cui, alla metà del mese di maggio, gruppi di operai autonomi cominciano a recarsi alla Sorbona occupata per stabilire quei contatti che i sindacati impediscono alle porte delle fabbriche, il movimento studentesco viene a trovarsi in una grave impasse, che lo pone alla mercé delle manovre dei burocrati delle organizzazioni “estremiste” di studenti e insegnanti:

«Queste manovre [sono] consentite dal fatto che il movimento degli studenti, dopo aver fatto esplodere la crisi, è rimasto invischiato in occupazioni di facoltà il cui senso non riesce a padroneggiare né a concretizzare in azione […] È così che l’occupazione delle università può ora servire da un lato a sviare, nella interminabile ruminazione di improbabili e fantasiose utopie di riforma ideale dell’istituzione, organizzate su diretto suggerimento del governo da ogni sorta di specialisti e tecnocrati della partecipazione, una larga parte degli studenti, mentre ne costringe la parte rivoluzionaria, che sulle piazze era stata incontrollabile , nelle pastoie di una lotta contro tutti gli addormentatori e i nemici dell’autonomia proletaria, naturalmente più a loro agio su terreno del parlamentarismo assembleare e delle manovre di corridoio» (Mario Lippolis, Ben venga Maggio..., p.109).

I gruppi gauchistes (trotskisti, maoisti etc.) arrivano fino a rimproverare alla gestione dell’occupazione «l’eccesiva disinvoltura dei costumi».

Il Comitato d’Occupazione della Sorbona, composto da quindici membri revocabili ogni giorno, era stato eletto il 14 maggio dall’assemblea generale degli occupanti, sulla base di un programma incentrato sulla «difesa della democrazia diretta e il potere assoluto dei Consigli operai come scopo finale» (“Manifesto del CMDO”, ibid., p.113). Tuttavia esso non potrà mai espletare davvero le sue funzioni, essendosi nel frattempo costituito un “coordinamento” occulto, dominato da elementi gauchistes, moderati e paternalisti, che puntavano, insieme alle loro organizzazioni, a essere riconosciuti dal PCF e dalla CGT e a formare con questi un “Fronte unico operaio”. Questo “coordinamento” aveva di fatto preso il controllo degli “organismi tecnici” e di tutte le infrastrutture dell’università occupata.

L’assemblea del 17 maggio costituisce un momento di svolta. Il palco viene occupato a più riprese dal servizio d’ordine della FER (un gruppuscolo trotskista). Non essendo riuscito in alcun modo a ottenere che fosse discusso e messo ai voti il suo rapporto di attività e soprattutto il suo appello agli operai, che invitava all’«occupazione di tutte le fabbriche di Francia e alla formazione di Consigli operai», il Comitato e i sostenitori della democrazia diretta che intorno a esso si raccolgono, abbandonano l’università. Si costituisce così il Consiglio per il mantenimento delle occupazioni (CMDO).

Scriverà il CMDO sul suo “Manifesto” del 19 maggio:

«I burocrati dell’estremismo di sinistra, facendo il gioco della CGT, allo scopo di farvisi riconoscere una piccola esistenza marginale, separano astrattamente dagli operai gli studenti “che non hanno lezioni da dargli”. Ma di fatto gli studenti avevano già dato una lezione agli operai: appunto occupando la Sorbona e facendo esistere per un breve periodo una discussione realmente democratica. […] [I burocrati] oppongono la loro serietà menzognera alla “festa” della Sorbona, ma è proprio questa festa che portava in sé la sola serietà: la critica radicale delle condizioni dominanti».

Il “Manifesto”, dichiarando la lotta studentesca superata, si chiude con la constatazione che «lo sbocco della crisi attuale è ora nelle mani dei lavoratori stessi, se essi giungono a realizzare, nell’occupazione delle loro fabbriche, ciò che l’occupazione universitaria ha soltanto potuto abbozzare» (ibid., p.115).

Il CMDO occuperà in assemblea permanente uno stabile dell’Istituto Nazionale di Pedagogia e, da qui, organizzerà i contatti con le aziende in lotta, i Comitati d’Azione, svariate realtà in provincia e all’estero, e diffonderà i propri testi.

20 giugno 2009

Orrore

A proposito di campi di sterminio e negazionismo

di Joe Fallisi (2002)


Sono convinto che il sistema di eliminazione di massa attraverso l'impiego delle camere a gas durante la II Guerra mondiale sia effettivamente esistito. E' un orrore, fra i tanti particolarmente mostruoso, che l'umanità non si è risparmiata. Gli argomenti "scientifici" di chi sostiene la tesi contraria hanno una consistenza solo apparentemente verosimile(1). Ci sono state varie perizie revisioniste a questo proposito: le principali quelle di Fred Leuchter(2) e, soprattutto, quella seguente del chimico Germar Rudolf(3). Tutte discusse a fondo e smentite - a mio parere in modo convincente(4) -, anche da una contro-perizia ufficiale polacca(5).
D'altra parte, accanto alle (non poche) testimonianze false, rese sotto tortura o comunque inattendibili o inverosimili(6), parecchie altre ne esistono (sia di vittime, sia di carnefici), che convergono nello stesso senso di accusa, pur con inevitabili ma non essenziali contraddizioni e inesattezze al loro interno. Le quali, anzi, a mio parere, indicano semmai la non concertazione e la genuinità delle testimonianze stesse. Esse pesano come macigni di Sisifo(7).
E' in ogni caso accertato che, prima dell'eliminazione di massa, a partire dal 1942, in sei campi situati nei territori dell'Est (Belzek, Sobibor, Majdanek tutti nei pressi di Lublino, Treblinka vicino a Varsavia, Chelmno a nord-ovest di Lodz, Auschwitz-Birkenau in Slesia, ad ovest di Cracovia - in quest'ultimo, il più grande, sarebbero avvenuti i due terzi del massacro complessivo), era già stato messo in opera un progetto di eutanasia (l'"Aktion T4", ovvero operazione Gnadentod, "morte misericordiosa"), attraverso l'impiego, anche, del gas, all'interno dei confini stessi del Reich. Varato nell'autunno del 1939, esso si realizzò nel corso del 1940-1941 in sei appositi centri: Hadamar, Grafeneck, Brandengurg, Bernburg, Sonnenstein, Hartheim(8). Furono uccise circa 70.000 persone, giudicate "indegne di vivere". La fine "prematura" di questo programma si dovette solo alle proteste popolari e, a onor del vero, innanzi tutto all'opposizione aperta della Chiesa, sia protestante sia cattolica(9).
Allo stesso modo, fin dal dicembre 1941 si praticò il massacro nei "camion a gas"(10).
Nella Germania hitleriana orrori simili erano IMPOSSIBILI senza una volontà chiara e un preciso ordine dall'alto. Che quest'ultimo non si sia mai ritrovato fra i documenti ufficiali, neppure tra quelli recentemente messi a disposizione dagli archivi russi, non mi sembra affatto decisivo. Un comando di tal genere poteva ben essere confidenziale e segreto e nondimeno vincolante. Negare la volontà di sterminio è assurdo, solo che si legga ciò che molti dirigenti nazisti hanno lasciato scritto in svariati diari, documenti, lettere, dichiarazioni, "istruzioni", progetti, leggi(11).
E tutto ciò va ad aggiungersi alla tremenda attività omicida su vasta scala delle Einsatzgruppen, di altre apposite unità delle SS e della "Polizia d'Ordine"(12), al lavoro coatto e schiavistico, agli esperimenti medici(13), alle deportazioni catastrofiche, alle condizioni inumane di sopravvivenza e di morte(14), alle innumerevoli altre modalità di liquidazione individuale e di massa.
Ci sono poi tre semplici e terribili domande cui i revisionisti non hanno potuto mai dare alcuna valida risposta alternativa. La prima: a che servivano le "selezioni" nei lager di morte, quelle medesime di cui si aveva anche negli altri campi un autentico terrore, come testimonia lo stesso Rassinier, il capostipite del revisionismo?(15) Concatenata alla precedente, la seconda: che fine hanno fatto tutti gli scomparsi non "immatricolati"?(16) Da ultimo: perché dinamitare, prima della fuga, i crematori e i locali annessi, se questi ultimi non nascondevano altro che morgues o normali camere di disinfestazione degli abiti?...
Su tale specifico versante, si può in effetti concludere che l'attività dei revisionisti, fra i quali esistono studiosi niente affatto mediocri - e ciò a prescindere dalle loro convinzioni politiche (il contrario può essere affermato solo dalla disonestà intellettuale preconcetta, interessata e vile presente in larga misura nel campo avverso(17)) -, si è rivelata vana, uno spreco enorme di energie intellettuali e umane.(18). Le vessazioni di ogni genere subite, a destra come a sinistra (19), hanno poi comportato la tristissima conseguenza che si verificasse una sorta di unione contro-natura tra compagni e camerati. Basta leggere i riferimenti bibliografici favorevoli proposti dall'AARGH (20) e, reciprocamente, dai vari siti "nostalgici". Ma la possibilità di criticare e demistificare la storia scritta dai vincitori, così come, più in generale, l'esercizio di un'autentica libertà di pensiero e di espressione, sono valori fondamentali - essenziali, d'altronde, all'accertamento stesso della verità - che è necessario affermare e difendere sempre e comunque. In questo la mia posizione è la medesima di Noam Chomsky (21).
Il problema non è tanto - e ancor meno solo - l'origine o la collocazione politica di quelli che su più punti mettono in discussione la storia ufficiale delle persecuzioni naziste, bensì se quest'opera di revisione, anche radicale - anche inverosimile sino alla follia -, sia possibile oppure no nell'ambito delle società cosiddette democratiche. Cioè quel che è in discussione è esattamente il principio volterriano in base al quale e nel cui spirito Chomsky si è espresso. Le false testimonianze (o rese sotto tortura), le ricostruzioni posticce e tutti i lati oscuri, i documenti mancanti, le inadempienze, le esagerazioni, gli errori, le varie falle relative alla versione sancita dalla sentenza di Norimberga, esigevano che storici onesti e preparati rivedessero in seguito, criticamente, tale versione. Ciò non è stato consentito e continua a non esserlo, PER LEGGE. E tuttavia, qualche acquisizione nuova e diversa, soprattutto riguardo al numero delle vittime, è comunque alla fine passata tra gli addetti di parte "sterminazionista", proprio in conseguenza del lavoro, criticabile e non condivisibile quanto si vuole ma con cui pur sempre è stato necessario confrontarsi, dei loro demonizzati e perseguitatissimi avversari. Nel Museo di Auschwitz, all'indomani di Norimberga, fu affissa una targa che parlava di 4.000.000 di decessi per quel medesimo lager (il numero di 6.000.000, oltre a tutto di soli ebrei, deriva appunto da quella prima valutazione esorbitante: 4.000.000 - i due terzi - ad Auschwitz, 2.000.000 negli altri cinque campi in Polonia e sul fronte russo). Oggi, la cifra che da non molto lì si può leggere è di 1.500.000, senza che una simile notizia sia mai stata veramente resa pubblica. E quest'ultima è ancora, con ogni probabilità - per fortuna degli ebrei e dell'uomo in generale -, sbagliata in (grande) eccesso. Nessuno ha mai messo in dubbio l'esistenza dei forni crematori. Di essi, semmai, è stata contestata, in base a osservazioni di ordine fisico-chimico e macabri calcoli, la capacità di "smaltimento" della massa di cadaveri. Anche in questo caso bisogna notare che il più serio studioso, relativamente a queste tematiche, dello schieramento "ortodosso", Claude Pressac, da poco scomparso, ha in certo qual modo fatto suoi e approfondito alcuni dei rilievi critici dei revisionisti. Ne Le macchine dello sterminio. Auschwitz 1941-1945 (p. 173) egli è giunto a ipotizzare, proprio in base a considerazioni analoghe alle loro, un numero complessivo di 711.000-631.000 vittime per il lager di Auschwitz, beninteso, però, riconfermando come reali la volontà e l'attuazione del massacro da parte del Terzo Reich. Recentemente su questa stessa strada si è spinto ancora più in là Fritjof Meyer, ex-caporedattore di "Der Spiegel" (Amburgo), anch'egli appartenente al campo degli "sterminazionisti", che è giunto a proporre la cifra di 510.000 morti, di cui "solo" 356.000 gassati (22).
Nella condanna-persecuzione del revisionismo olocaustico sono presenti e operanti meccanismi irrazionali e religiosi (da Sacra Inquisizione), prima ancora (e invece) che ragioni e princìpi di ordine metodologico e scientifico. Così si prescinde di solito dalla valutazione oggettiva delle ricerche e dei relativi risultati dell'avversario, destituendolo, per statuto, di ogni possibile serietà, buona fede e umanità. Chi osi toccare con mani sacrileghe il sancta sanctorum, chi pretenda entrare da solo e coi propri occhi nel tabernacolo dell'orrore è arruolato ipso facto nelle schiere dei nazisti eterni, maledetti e dei folli. E', insieme, un demente e un nemico da ardere. L'oscena patente di "democrazia", di "giustizia", di "progresso" che i vincitori da allora si arrogano ha la sua base, a contrario, nella mostrificazione e demonizzazione ontologica dei loro avversari sconfitti. Cioè le stesse potenze statali che avevano operato solo qualche anno prima la più gigantesca, mostruosamente pianificata e veloce eliminazione di massa della storia (gli stalinisti di Mosca: sette milioni circa di contadini dell'Ucraina e del Kuban per fame coatta nell'inverno-primavera-estate 1932-1933 (23), ovvero - solo a mo' di un altro dei tanti possibili esempi - la distruzione e l'impestamento radioattivo di città giapponesi attraverso l'uso della bomba atomica a guerra già vinta e contro inermi popolazioni civili (i capitalisti di Washington), evitarono il giudizio di qualunque tribunale riguardo ai LORO crimini pregressi, presenti e futuri PROPRIO in virtù dell'immagine infernale - termine di NON paragone - dei vinti. Quanto dunque questa stessa immagine, stampigliata fin dentro l'animo delle masse da una propaganda spettacolare ineguagliabile, corrisponda a completa verità o sia deformata e di comodo è di PRIMARIA importanza. E infatti i padroni multinazionali delle finanze e dei media - i padroni veri, il vero Big Brother - lo sanno bene; ed è per questo che non possono tollerare la minima incrinatura all'edificio-santuario dell'"Olocausto". La cifra di "sei milioni" di ebrei uccisi - magari perfino, a surplus orrorifico, la stragrande maggioranza attraverso le camere a gas - è una menzogna mitica che i sacerdoti e custodi dell'ortodossia sono i primi a (ri)conoscere, tra di loro, in quanto tale. Naturalmente guardandosi bene dal comunicarlo al servitorame catodico, il cui compito, si sa, è quello di bere ogni giorno, senza tregua, la pozione e di ubbidire. Si è stabilita, sulle vicende della Seconda Guerra mondiale, una versione "canonica", che attribuiva allo sconfitto l'immagine stessa del male assoluto (ineguagliato e ineguagliabile - rivelandosi, in questo, essenziale il numero dei massacrati, perché è evidente che oltre una certa soglia la quantità si trasforma in "qualità"); e, insieme, sollevava i vincitori dalle loro proprie responsabilità. E' così che il sistema infernale e "apripista" dei gulag, o l'Holodomor, o le bombe terroristiche di Dresda, Hiroshima, Nagasaki, o tutti i Vietnam e le mostruosità successive dei "progressisti", o gli stessi continui crimini contro l'umanità, da sessant'anni, degli occupanti in Palestina, per giungere sino all'odierno impiego sistematico, genocidario ed ecocida dell'uranio impoverito e alle abiette torture di Abu Ghraib, in qualche modo sono risultati più "lievi" alla coscienza del mondo - non certo delle vittime.

Riassumendo...

PRIMO: "Sei milioni", l'orrore assoluto, che le centrali dello spettacolo insistono con incredibile malafede a insufflare nei crani delle masse, è una menzogna mitica, ma essenziale all'edificio di "autogiustificazione" - di alibi perpetuo - delle "democrazie" vincitrici, nonché dello Stato d'Israele, che anche sulla sua base ideologica si è fondato e si regge. Dal punto di vista quantitativo la strage (non solo) degli ebrei ad opera dei nazisti, poi religiosamente e artatamente nominata Olocausto (l'Unico, l'Incomparabile, l'Indicibile - una sorta di En Soft), per quanto spaventosa e ripugnante, quasi impallidisce se confrontata con altri orridi genocidi di più vaste proporzioni avvenuti nello stesso secolO (24), o, ancor più, con quelli precedenti a danno dei neri e dei nativi d'America. Con tutto ciò, rimane inoppugnabile che il regime nazista ha perpetrato a sua volta crimini tremendi e che, nello specifico, la responsabilità di tutta l'organizzazione mortifera (non solo) dei lager - nei quali i peggiori e più diretti aguzzini erano parte degli stessi internati, le varie gerarchie dei kapò -, appartiene comunque ai dirigenti nazisti stessi... Non però ai figli, e ai figli dei figli, e ai figli dei figli dei figli... come invece, sempre religiosamente, i sionisti pretenderebbero in eterno.

SECONDO: Perseguitati in tutti i modi da un'implacabile Polizia del Pensiero e ormai convinti di vivere in un'epoca "transideologica", Guillaume e gli altri hanno finito per accettare la solidarietà reciproca e la collaborazione anche di esponenti del revisionismo nostalgico. Io, conoscendo le angherie che hanno subìto e che subiscono tuttora, li posso comprendere, ma non sono d'accordo. I nazisti storici, così come i neonazi, sono nemici, punto e basta. Beninteso come nemici sono i bolscevichi e gli stalinisti, ma anche, sebbene in modo diverso, i socialdemocratici. Essere rivoluzionari è sempre stato difficile, oggi lo è ancora di più. E comunque, SEMPRE, viva la liberà di pensiero, di ricerca e di espressione. Questa libertà deve valere PER TUTTI, nemici compresi, o NON VALE NULLA, e si riduce a pura ideologia, a proclama del Grande Fratello: la verità diventa un momento del falso, la menzogna un aspetto del vero.

Milano, 5 ottobre 2002

NOTE:
(3) G. Rudolf, The Rudolf Report. Expert Report on Chemical and Technical Aspects of the 'Gas Chambers' of Auschwitz, Theses& Dissertations Press, Chicago 2003, http://vho.org/GB/Books/trr/#download.
(4) Claude Pressac, Auschwitz: technique and operation of the gas chambers, Beate Klarsfeld Foundation, New York 1990 e Les crématoirs d'Auschwitz. La machinerie de meutre de masse, CNRS, Paris 1993, trad. it: Le macchine dello sterminio. Auschwitz 1941-1945, Feltrinelli, Milano 1994. Per quanto concerne la critica dei revisionisti ai libri di Pressac, cfr. http://vho.org/aaargh/fran/tiroirs/tiroirJCP/tiroirJCP.html;
http://www.phdn.org/negation/leuchfaq.html;
Una risposta alle critiche relative al suo "Rapporto" si può leggere nello stesso citato libro di Rudolf, che ne costituisce la versione aggiornata; così pure devono essere tenute in considerazione, più in generale, la contro-repliche agli "sterminazionisti" di Carlo Mattogno ("incontestabilmente il migliore ricercatore di parte revisionistica" secondo Jean-Claude Pressac - cfr. "Entretien avec Jean-Claude Pressac", in: Valérie Igounet, Histoire du négationisme en France, Éditions du Seuil, Paris 2000, p. 642, consultabile in rete alla pagina http://vho.org/aaargh/fran/tiroirs/tiroirJCP/jcpvi0003xx.html): La risiera di San Sabba: un falso grossolano, Sentinella d'Italia, Monfalcone 1985 (http://vho.org/aaargh/ital/archimatto/sabba.html); Auschwitz: le "confessioni" di Höss, La Sfinge, Parma 1987; "Medico ad Auschwitz": anatomia di un falso, La Sfinge, Parma 1988; Auschwitz: la prima gasazione, Edizioni di Ar, Padova 1992; La soluzione finale. Problemi e polemiche, Edizioni di Ar, Padova 1993; Auschwitz. fine di una leggenda, Edizioni di Ar, Padova 1994; Itervista sull'Olocausto, Edizioni di Ar, Padova 1995; Rassinier, il revisionismo olocaustico e il loro critico Florent Bayard, Graphos, Genova 1996; Olocausto: dilettanti allo sbaraglio, Edizioni di Ar, Padova 1996 (http://www.vho.org/aaargh/ital/archimatto/); l''"irritante questione" delle camere a gas ovvero da Cappuccetto Rosso ad... Auschwitz. Risposta a Valentina Pisanty, Graphos, Genova 1998 (introduzione, prefazione e primo capitolo sono consultabili alla pagina http://utenti.lycos.it/revisionismo/Olocausto.htm); La "Zentralbauleitung der Waffen-SS und Polizei Auschwitz", Edizioni di Ar, Padova 1998; Sonderbehandlung ad Auschwitz. Genesi e significato, Edizioni di Ar, Padova 2001; Olocausto: dilettanti a convegno
(7) Si veda, per esempio, Ber Mark, Des voix dans la nuit, Plon, Paris 1977, "Des voix sous la cendre. Manuscripts des Sonderkommandos d'Auschwitz-Birkenau", "Revue d'Histoire de la Shoah-Le monde juif", n. 171, janvier-avril 2001, Testimoni della catastrofe. Deposizioni di prigionieri del Sonderkommando ebraico di Auschwitz-Birkenau (1945), a cura di C. Saletti, Ombre corte, Verona 2004, http://www.phdn.org/histgen/auschwitz/paisikovic.html,
ma anche il rapporto di Kube, paradigmatico della prassi adottata dai nazisti, e altri ancora, dello stesso genere:
(9) Vedi Michael Burleigh, Death and Deliverance: 'Euthanasia' in Germany c. 1900-1945, Cambridge University Press, 1994, Henry Friedlander, The Origins of Nazi Genocide: From Euthanasia to the Final Solution, University of North Carolina Press, Chapel Hill, 1995,
http://www.chgs.umn.edu/Histories__Narratives__Documen/Hadamar/hadamar.html,
http://www.holocaust-history.org/questions/euthanasia.shtml,
http://www.olokaustos.org/argomenti/eutanasia/eutanasia1.htm,http://www.nizkor.org/ftp.cgi/places/germany/euthanasia/ftp.py?places/germany/euthanasia//14f13.01,
http://www.nizkor.org/ftp.cgi/places/germany/euthanasia/ftp.py?places/germany/euthanasia//14f13.02,
http://www.nizkor.org/ftp.cgi/places/germany/euthanasia/ftp.py?places/germany/euthanasia//14f13.03,
http://www.nizkor.org/ftp.cgi/places/germany/euthanasia/ftp.py?places/germany/euthanasia//14f13.04,
http://www.nizkor.org/ftp.cgi/places/germany/euthanasia/ftp.py?places/germany/euthanasia//630-PS,
http://www.nizkor.org/ftp.cgi/places/germany/euthanasia/ftp.py?places/germany/euthanasia//brack.001,
http://www.nizkor.org/ftp.cgi/places/germany/euthanasia/ftp.py?places/germany/euthanasia//brack.002,
http://www.nizkor.org/ftp.cgi/places/germany/euthanasia/ftp.py?places/germany/euthanasia//brandenburg.001, http://www.nizkor.org/ftp.cgi/places/germany/euthanasia/ftp.py?places/germany/euthanasia//brandt.001,
http://www.nizkor.org/ftp.cgi/places/germany/euthanasia/ftp.py?places/germany/euthanasia//euthanasia.01, http://www.nizkor.org/ftp.cgi/places/germany/euthanasia/ftp.py?places/germany/euthanasia//euthanasia.02, http://www.nizkor.org/ftp.cgi/places/germany/euthanasia/ftp.py?places/germany/euthanasia//euthanasia.03, http://www.nizkor.org/ftp.cgi/places/germany/euthanasia/ftp.py?places/germany/euthanasia//euthanasia.04, http://www.nizkor.org/ftp.cgi/places/germany/euthanasia/ftp.py?places/germany/euthanasia//frick.001,
http://www.nizkor.org/ftp.cgi/places/germany/euthanasia/ftp.py?places/germany/euthanasia//grafeneck.01,
http://www.nizkor.org/ftp.cgi/places/germany/euthanasia/ftp.py?places/germany/euthanasia//hadamar.01,
http://www.nizkor.org/ftp.cgi/places/germany/euthanasia/ftp.py?places/germany/euthanasia//hitler-and-roots-of-euthanasia,
http://www.phdn.org/histgen/hitler/declarations.html,
http://www.phdn.org/negation/documents/nazisdoc.html,
http://www.phdn.org/negation/documents/volonte.html,
http://www.nizkor.org/ftp.cgi/people/f/frank.hans/ftp.py?people/f/frank.hans//frank.01,
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http://www.nizkor.org/ftp.cgi/people/h/ftp.py?people/h/himmler.heinrich/himmler.002,
http://www.nizkor.org/ftp.cgi/people/h/ftp.py?people/h/himmler.heinrich/himmler.003,
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http://www.nizkor.org/ftp.cgi/people/t/taubner.max/ftp.py?people/t/taubner.max//taubner-1943-verdict-ad,
http://www.phdn.org/negation/ausrottung.html,
http://www.olokaustos.org/archivio/documenti/atti/210939.htm,
http://www.olokaustos.org/archivio/documenti/atti/310741.htm,
http://www.olokaustos.org/archivio/documenti/wannsee/index.htm,
http://www.olokaustos.org/archivio/documenti/wannsee/stuckart-lettera-160342.htm,
http://www.nizkor.org/ftp.cgi/people/i/irving.david/dawidowicz/dawidowicz-on-irving,
http://www.nizkor.org/ftp.cgi/people/h/hitler.adolf/mufti-notes,
Più in generale, per una storia ragionata della persecuzione, dei suoi prodromi e delle sue modalità, v. il lungo saggio, contenuto all'interno del sito olokaustos, Le quattro tappe dell'Olocausto: http://www.olokaustos.org/guida/index.htm e pp.gg. seguenti).
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/einsatzgruppen/index.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/einsatzgruppen/mobili1.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/einsatzgruppen/mobili2.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/einsatzgruppen/mobili3.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/einsatzgruppen/mobili4.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/einsatzgruppen/mobili5.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/einsatzgruppen/mobili6.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/einsatzgruppen/mobili7.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/einsatzgruppen/mobili8.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/einsatzgruppen/mobili9.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/einsatzgruppen/mobili10.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/einsatzgruppen/mobili11.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/einsatzgruppen/mobili12.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/einsatzgruppen/mobili13.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/einsatzgruppen/mobili14.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/einsatzgruppen/mobili15.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/einsatzgruppen/mobili16.htm).
(13) Vedi, a questo proposito:
http://perso.wanadoo.fr/d-d.natanson/experiences_hilberg.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/campi/camp6.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/campi/camp7.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/campi/camp8.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/campi/camp9.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/campi/camp10.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/campi/camp11a.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/campi/camp11b.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/campi/camp11c.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/campi/camp12.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/campi/camp13.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/campi/camp14a.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/campi/camp14b.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/campi/camp14c.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/campi/camp15.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/campi/camp16.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/campi/camp17.htm,
http://www.olokaustos.org/guida/sterminare/campi/camp18.htm.
(14) Cui è stato giustamente paragonato il trattamento che gli uomini infliggono, ogni giorno e nella più completa "normalità", agli animali non umani (cfr. Charles Patterson, Un'eterna Treblinka, Editori Riuniti, Roma 2003).
(15) "Un bel giorno i servizi sanitari del campo ricevevano l'ordine di redigere l'elenco di tutti gli ammalati considerati inabili al lavoro per un tempo relativamente lungo o in via definitiva e di riunirli in un Block speciale. Poi arrivavano dei camion - o un convoglio di vagoni -, essi venivano imbarcati e partivano per una destinazione ignota. La voce concentrazionaria voleva che fossero diretti subito alle camere a gas e, per una specie di crudele derisione, i raduni praticati in queste occasioni venivano chiamati degli Himmelskommando, il che significava che erano composti da persone in partenza per il cielo. Naturalmente tutti gli ammalati cercavano di sfuggirvi. Ho visto praticare due o tre Selektion a Dora: sono perfino sfuggito di stretta misura a una di esse." (P. Rassinier, La menzogna di Ulisse, Graphos, Genova 1996, p. 210, http://vho.org/aaargh/ital/arrass/PRulis11.html)
(16) Vedi, a questo proposito, il saggio, molto poco convincente, Was geschah mit den nach Auschwitz deportierten, jedoch dort nicht registrierten Juden? (Cosa accadde agli ebrei che vennero deportati ad Auschwitz ma che non furono lì registrati?) di Jürgen Graf (http://www.juergen-graf.sled.name/articles/auschwitz-juden.htmlhttp://vho.org/aaargh/ital/JGcosaccaddeit.html), che rappresenta l'unico tentativo ch'io conosca da parte dei revisionisti, a tutt'oggi, di avanzare un'ipotesi-spiegazione diversa da quella ufficiale.
 (17) Basta considerare che di questo fronte immenso e dominante, e dotato di tutti i mezzi e poteri (mediatici, politici e finanziari), solo Claude Pressac e (in parte) gli studiosi di The Holocaust History Project (http://www.holocaust-history.org/) e di The Nizkor Project (http://www.nizkor.org/) hanno accolto la sfida lanciata dai revisionisti seri controbattendo le loro tesi e argomentazioni in modo efficace e intellettualmente razionale (e sul loro proprio terreno), senza limitarsi a ripetere automaticamente e acriticamente la vulgata e senza ricorrere alla calunnia pura e semplice, alla mostrizzazione, al bavaglio, alla gogna, alle apposite leggi liberticide - ciò che vale soprattutto per Pressac, sprovvisto, in ogni caso, di strumenti di tal genere e alieno dal loro ricorso.
(18) E' quanto implicitamente è ormai costretto ad ammettere il revisionista Franco Deana, collaboratore di Mattogno, scrivendo: "Riteniamo anche possibile, ma non probabile che dei condannati a morte siano stati gasati nelle autoclavi o nei locali destinati alla disinfestazione degli abiti" (F. Deana, Studi revisionistici, Graphos, Genova 2002, p. 149). Accettare anche solo questa "possibilità" significa in effetti demolire tutto l'impianto teorico della negazione, che si basa proprio sulla pretesa impossibilità, innanzi tutto per motivi di ordine fisico-chimico, delle camere a gas omicide naziste.
(22) Cfr. "Osteuropa. Zeitschrift für Gegenwartsfragen des Ostens", Nr. 5, Mai 2002, pp. 631-641)
(24) Il peso del tutto inferiore che nel giudizio storico e - quel che più conta - nell'immaginario collettivo hanno assunto, per esempio, le atrocità bolscevico-staliniane (precedenti, contemporanee e seguenti a quelle naziste) deriva solo dal fatto che Stalin sedeva al tavolo dei vincitori.


Maggio '68: il Censier occupato

Un esempio di organizzazione NON gerarchica e NON democratica


[Tratto da una nota dei curatori a Gilles Dauvé, Le Roman de nos origines. Alle origini della critica radicale, Quaderni di Pagine Marxiste, Milano, 2011] 

Il Censier della Facoltà di Belle Lettere viene occupato intorno alla metà di maggio [1968] dal Comitato d’Azione Lavoratori-Studenti – insieme al CMDO [Conseil pour le Maintien Des Occupations], il più importante polo di aggregazione delle correnti radicali del movimento, impegnate nella difesa della nascente autonomia rivoluzionaria del proletariato. Vi confluiscono realtà quali il GLAT [Groupe de Liaison pour l'Action des Travailleurs] e la Vieille Taupe.

Ecco come si esprime un membro del Comitato:

«Il movimento ha mostrato la sua totale ripugnanza ad ogni forma di potere autoritario e gerarchico; e noi, per convinzione anteriore, abbiamo ripudiato i principi leninisti e gerarchici.

«Siamo in fase col movimento. Nondimeno, la nostra fiducia nelle sole virtù della spontaneità è meno grande della sua. Noi sentiamo il bisogno di un’organizzazione […]. Dato che noi non sogniamo al punto di credere accessibile sul momento lo scopo che è al centro del nostro pensiero e all’orizzonte delle nostre speranze: l’abolizione del salariato e della merce, l’instaurazione del potere dei consigli dei lavoratori, preludio al deperimento dello Stato.

«Il nostro ruolo sarà di esplicitare ciò che fa il movimento, di dire ciò che è. Noi non lo dirigeremo: lo canalizzeremo verso ciò cui tende naturalmente. […] Il nostro compito principale sarà quindi di proteggerlo dalle influenze esterne alla sua natura. In particolare quelle delle diverse sette leniniste […]» (MARIO LIPPOLIS, Ben venga Maggio..., p.116-117).

Dal punto di vista degli occupanti del Censier, la natura del movimento può essere sintetizzata nelle seguenti caratteristiche: 1) l’assenza di ogni direzione centralizzata come espressione della volontà di ciascuno di prendere in mano personalmente la propria vita e del rifiuto di delegare qualsiasi potere a chicchessia; 2) la più ampia libertà di espressione; 3) il rifiuto dell’organizzazione in quanto tale come conseguenza del timore di una burocratizzazione del movimento; 4) ma, anche, la soluzione creativa del problema dell’organizzazione, laddove si pongano all’ordine del giorno problemi di ordine pratico connessi alla lotta; 5) «il desiderio che il movimento sia e debba continuare a essere il più vicino possibile alla società socialista da realizzare»; in caso contrario il movimento non potrebbe che «riprodurre nel suo seno delle categorie separate, prefigurazioni di future classi sociali» (ibidem, p.120).

Nel quadro dell’occupazione del Censier arriveranno a muoversi centinaia di persone e decine di Comitati d’Azione, d’impresa e di quartiere. Nonostante questa crescita numerica, gli occupanti del Censier riusciranno a evitare ogni involuzione burocratica.

Nell’assemblea generale quotidiana che si tiene al Censier «ciascuno può affrontare il soggetto che vuole, trattarlo come meglio gli pare e per tutto il tempo che l’assemblea permette. Se l’assemblea è convinta, ci si sforza di agire nella direzione definita. Se l’assemblea non lo è, niente impedisce all’autore della proposta di cercare di realizzarla lo stesso. […] In caso di successo, l’assemblea può accodarsi senza doversi smentire. In caso di fallimento i promotori dell’azione possono reintegrarsi nella comunità dell’assemblea senza rimorsi né vergogna. Insomma, l’assemblea generale non delega i suoi poteri a nessuno, ma non restringe nemmeno i poteri degli individui che la compongono.»

«La rotazione delle funzioni si è imposta da sola. I posti decisivi si sono creati in funzione dell’azione, mediante l’azione, per l’azione. […] le funzioni sono adempiute finché interessano i loro inventori o titolari. Un altro compito li attrae maggiormente? […] Essi si applicano immediatamente alla sua realizzazione, dopo avere passato le consegne pratiche, o politiche, a un successore volontario. Se nessuno si fa avanti la funzione scompare. Se essa si rivela indispensabile, nessun timore, si ricreerà da sola. Così è disseccata una delle sorgenti della burocratizzazione.» (MARIO LIPPOLIS, op.cit., p.122-123).