[da Indymedia Emilia-Romagna]
Affermare che il movimento studentesco é morto equivale a dire che,
se rimarrà attestato su rivendicazioni meno che riformiste, su parole
d'ordine come il ritiro del decreto-Gelmini o il reddito garantito (la
cosa più "radicale" che abbia sentito in un'assemblea, almeno qui a
Bologna), é destinato a rifluire, cosa che del resto sta già accadendo.
Bisogna uscire dai limiti angusti della contestazione studentesca!
Gli studenti, così come gli insegnanti, gli operai, i disoccupati, i
lavoratori più o meno precari etc., devono rimettere in discussione il
proprio ruolo all'interno della società capitalista, vale a dire, in
primo luogo, rimettere in discussione le stesse strutture fondamentali
di questa società - il lavoro salariato, la merce, lo spettacolo,
l'istruzione, la politica, lo Stato e così via. Ciò significa anche
andare oltre le identità parziali, per unificare i differenti percorsi
di lotta e di rifiuto dell'esistente. L'unica strada percorribile, che
contenga in sé una qualche prospettiva, é quella che porterà ad
articolare una critica radicale - tanto pratica, quanto teorica - di
questo vecchio mondo. L'assemblea cui fa riferimento il post "Alcuni
studenti e lavoratori dell'assemblea dell'aula magna - Milano", mi
sembra un primo seppur timido passo in questa direzione.
Attaccare indistintamente tutti i politicanti, i burocrati, i
recuperatori, che aspirano a rappresentare il movimento e a dirigerlo;
cacciarli dalle assemblee, laddove i rapporti di forza lo consentano, é
una pratica buona e giusta, nella misura in cui libera il movimento
stesso da ogni tutela e ne afferma la tendenza alla piena
autodeterminazione, contro tutti i meccanismi di delega
politico-sindacale-associazionistica.
Infine, non mi pare che nello scardinamento di una porta si possano
ravvisare gli estremi di un comportamento violento o autoritario. E in
ogni caso, una discussione sulla legittimità dell'uso della forza da
parte dei movimenti andrebbe riaperta al più presto.
Un comunista libertario
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