di F.B.
La concezione illuministica, in base alla quale la libertà di ciascuno finisce là dove inizia quella di ciascun altro, contiene un evidente paradosso. Il diritto del proprietario di disporre e godere liberamente di ciò che possiede esclude chiunque altro dallo stesso godimento. Il mio desiderio irrefrenabile di cantare a squarciagola nel cuore della notte lede inevitabilmente la libertà di chi, nei pressi del luogo che avrò scelto per dare prova delle mie qualità vocali, vorrebbe riposare in santa pace. Dove finisce la mia libertà di canterino nottambulo e dove inizia quella altrui? Qui non é affatto vero che "tra diritti uguali vince la forza" (Marx), a meno che, con questo, non si intenda riferirsi alla forza dello Stato.
Ciò che la classica definizione voltairiana tace, è che a decidere quale tra due libertà singolari abbia diritto a esprimersi e quale invece debba essere censurata - o se, viceversa, sia possibile trovare una mediazione, un punto di equilibrio dove conservare un po' dell'una e un po' dell'altra - lungi dall'essere i singoli coinvolti in una situazione data (i quali, eventualmente, potrebbero trovare un accordo oppure, al contrario, entrare in un conflitto più o meno aspro) é invece l'insieme delle mediazioni sociali - dallo Stato alla morale, dall'economia all'autorità familiare - che nel corso dei millenni, ma con una rapidissima accelerazione negli ultimi due secoli, si sono introdotte in forma sempre più invasiva nelle relazioni inter-umane, giungendo infine a sopprimere, nell'epoca del dominio reale del capitale, ogni immediatezza.
La libertà dell'individuo, dunque, acquista il suo pieno significato e cessa di essere una vacua astrazione - le cui implicazioni ideologiche abbiamo vedute - soltanto nella misura in cui si riferisce alla libertà delle relazioni in cui l'individuo stesso è implicato.
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