...la ferma volontà di raggiungere i suoi obiettivi storici
"Prometeo" n. 1, novembre 1943*
La nostra via
La crisi scoppiata fulminea su la scena politica italiana dopo venti anni di regime fascista, ha posto in luce la gravità del malessere sociale che investiva ormai in pieno non solo la responsabilità di questo o quell'uomo politico, questo o quell'organismo, ma il sistema intero nella sua classe dirigente, nelle sue istituzioni e nella sua struttura economica e politica. Era cioè visibile anche all'occhio meno esperto nell'analisi dei fenomeni sociali, che l'ossatura capitalistica era stata colpita a morte, mentre le sue forze politiche andavano esaurendosi ignominiosamente in una spassosissima sequela di tradimenti, di viltà e corruzione.
Il proletariato sentiva finalmente ruinare attorno a sé l'impalcatura oppressiva dell'organizzazione borghese e vedeva, forse per la prima volta, spezzati i suoi centri nervosi quali l'esercito, la magistratura e la pubblica sicurezza! Sembrava la fine non solo del fascismo, ma del sistema economico che l'aveva reso possibile, eppure non si trattava che del primo atto di un dramma sociale nel quale il proletariato avrebbe infine potuto giocare il ruolo di grande protagonista vittorioso. Abbiamo detto sembrava, perché lo sfacelo abbattutosi sul nostro paese, pur mostrando in atto quel processo di decomposizione e di sfaldamento, condizione prima ed essenziale alla ripresa dei conflitti di classe, tuttavia non esprimeva, né poteva esprimere sul piano politico, la forza rivoluzionaria capace di sfruttare ai propri fini una evidente e pur così rara situazione di favore. E non poteva esprimerla non perché la crisi non fosse assai profonda e la situazione non sufficientemente rivoluzionaria, né perché facesse difetto il suo elemento soggettivo, cioè il proletariato con la sua forza fisica e la sua intelligenza e volontà di lotta, ma soltanto perché i rapporti di forza erano obiettivamente tutt'ora in netto favore dell'avversario di classe.
Non si è voluto capire che, a somiglianza dell'episodio spagnolo, nella prima fase di questo cozzo di imperialismi il nostro paese si è trovato ad essere improvvisamente il banco di prova, l'arena tragica al secondo atto della stessa immane competizione. Era perciò vana illusione pensare alla eliminazione del fascismo con una congiura di palazzo, rimanendo in piedi e in casa nostra il colosso tedesco.
Ogni ripresa di classe, ogni lotta per la libertà e l'emancipazione del proletariato doveva necessariamente tener conto di questa dura realtà, costituita da una parte dalle forze armate tedesche con bandiera fascista e dall'altra dalle forze armate alleate con bandiera democratica. Finzione in entrambi i casi e semplice espediente tattico, necessario ai dominatori capitalisti per neutralizzare e conquistare masse sempre più vaste di proletari. La guerra moderna ha bisogno di braccia e coscienze come di carbone e di ferro.
Una condotta classista della lotta avrebbe dovuto condurre i partiti proletari, dopo una analisi approfondita della reale natura del presente conflitto, a porre sul piano ideologico e quindi politico la definizione di entrambi i belligeranti come facce diverse di una stessa realtà borghese, da combattere entrambi perché intimamente legati, ad onta delle apparenze, alla stessa ferrea legge della conservazione del privilegio capitalista e quindi lotta a fondo, mortale, contro il vero, comune nemico: il proletariato.
Invece che cosa è avvenuto? Perfettamente il contrario. Nel momento in cui era più evidente l'impossibilità per la borghesia nostrana di continuare la sua guerra, e si manovrava nelle alte sfere per evitare che la crisi aperta spingesse in primo piano il proletariato, ecco provvidenziale il blocco dei partiti antifascisti quale fattore decisivo, per tre quarti consapevole, della manovra di aggiramento e di narcotizzazione. Gli assertori dell'internazionalismo si fanno banditori della difesa nazionale (ma solo contro i tedeschi!); gli esponenti della lotta di classe disposti a considerare l'imperialismo inglese quale alleato provvisorio del proletariato. Proprio come i socialisti del '14 che Lenin bollò come traditori. Le masse attonite e sgomente hanno abboccato all'amo della crociata anti-tedesca obbedendo in parte alla voce atavica dell'odio contro l'oppressore tedesco, sedimento lontano e incosciente formatosi nell'animo di tanti italiani e che i rivoluzionari debbono però saper individuare e vincere, perché è proprio su di esso che tutte le reazioni hanno fatto fin qui leva per le loro guerre di rapina e di sterminio.
Noi soli abbiamo osato andare contro corrente. Il nostro partito, già all'epoca della guerra civile spagnola, aveva analizzato quel moto partendo da premesse di classe, senza lasciarsi influenzare dal sentimento e da quel falso "atavismo" ribelle sempre ai limiti del pensiero marxista, che porta ad esaltare l'azione piegando all'opportunismo le idee e la teoria della rivoluzione. Solo il nostro partito riconobbe allora il carattere del moto spagnolo, destinato però ad esaurirsi se un partito rivoluzionario non fosse stato espresso a tempo dalla crisi stessa, e osò dire con rudezza che il tentativo repubblicano d'incanalare i combattenti sorti dalle barricate nelle file di un esercito repubblicano in contrapposizione a quello nazionale di Franco, significava snaturare il movimento, spostare cioè l'asse del conflitto armato dal suo terreno originario di classe a quello dell'imperialismo, su cui si erano già più o meno apertamente schierate le forze fasciste da un lato, e quelle anglo-franco-russe dall'altro. E il partito vide giusto, allora, perché la sua critica e il conseguente suo atteggiamento si facevano forti e si facevano garantiti dalla giusta interpretazione del pensiero marxista.
Ma non a caso abbiamo accennato all'analogia tra la situazione odierna del nostro paese e quella spagnola.
Riteniamo infatti che lo sfacelo borghese del nostro paese, determinato dall'andamento della guerra, non offra seria possibilità alla lotta finale del proletariato finché rimarranno sul nostro suolo truppe di occupazione, qualunque esse siano, per le quali una eventuale soluzione rivoluzionaria della crisi, che tali forze controllano, significherebbe rinuncia allo sfruttamento economico e strategico del paese.
Riteniamo d'altro canto nostro compito urgente sganciare le masse dalle influenze ideologiche e sentimentali verso questo o quel belligerante, ciò che implica lotta aperta contro i partiti tradizionali socialisti e centrista [PCI], che del fermento anti-tedesco e antifascista ha fatto motivo di collaborazione imperialista e di tradimento del proletariato.
Anche ora siamo soli a combattere la rude e difficile battaglia di classe e, fedeli alla intransigenza ideale e alla tradizione del movimento marxista internazionalista, ci prepariamo alle lotte assai prossime apprestando organi e spiriti per il trionfo del proletariato, lasciando ai rivoluzionari... della difesa nazionale il compito ben più facile d'aspettare dagli inglesi la vittoria sui tedeschi e sul fascismo, e la tanto agognata ricompensa di un governo popolare.
* Organo del Partito Comunista Internazionalista (1943-52)
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